Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 23 gennaio 2018

Insulomania

PONZA

In Italia, soprattutto durante il ventennio fascista, le isole erano galere o confini. Luoghi isolati, appunto, dove far scontare una pena o poter “tutelare la società contro i pericoli di turbamento alla sicurezza pubblica allontanando dal loro ambiente abituale persone che, per i loro precedenti penali e la loro condotta, dimostrano persistente tendenza a delinquere; e d'indurre tali persone a redimersi col lavoro … con anche uno scopo politico in vista degl'interessi nazionali”. Così si legge alla voce “confino” sull'Enciclopedia Treccani del 1931. Tante le isole, tanti i confinati: politici, stranieri, omosessuali, ebrei. Perciò spesso quando mettiamo piede su un'isola italiana camminiamo per strade e sentieri battuti anche da uomini che hanno fatto dolorose esperienze di confino. A Ponza, forse più di altri, è legato il nome di Giorgio Amendola che ha intitolato uno dei suoi libri più belli “Un'isola”, raccontando anche l'esperienza del confino dal 1933 al 1937. Nella prima edizione il libro ha in copertina un'acquaforte del profilo insulare, realizzato dalla moglie Germaine Lecocq. Con questa Amendola condivise un lungo periodo sull'isola, dove la sposò. Vissero insieme, malgrado la condizione, un'estate felice, in cui la sera leggevano i grandi romanzi dell'800, mentre “Dalla finestra aperta veniva una brezza profumata”.
...

L'articolo completo è pubblicato sul mensile BOLINA di gennaio 2018