Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 4 novembre 2017

Anemofilia

E' ancora una volta dalla Natura che il musicista Fabio Mina trae ispirazione per il suo nuovo disco,  intitolato “High Wind May Exist”  (2017, Da Vinci Edition), di cui è possibile ascoltare un estratto su YouTube.

Se in “The Shore” qualche hanno fa aveva lavorato sulle sonorità marine, questa volta è il vento che ha prima acceso la curiosità per poi muovere la creatività. Per i greci il vento era anemos, da cui derivano non solo tante parole legate al fenomeno atmosferico ma anche all'anima. Nel Vangelo di Giovanni si legge “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dal Vento”. Vento come Spirito, perché in ebraico si usa la stessa parola: רוח "ruah". Più materialmente “Il vento scrive” dicevano un tempo i marinai, che dovevano saper leggere il mare e il cielo per navigare e, qualche volta, salvare la barca e la vita.
Ascoltando il tuo nuovo lavoro si potrebbe pensare che il vento “scriva” anche spartiti.
Il vento lascia delle tracce, dà degli stimoli per creare qualcosa. Nel mio caso, la musica di questo disco ha solo delle piccole parti scritte, per il resto si sviluppa attraverso l’improvvisazione,  partendo da sensazioni, suggestioni, ricordi.
Come è cominciata questa tua passione, quest’anemofilia?
Tutto nasce da qualcosa di istintivo, da sempre ho il ricordo di come mi sentissi meglio, rigenerato e pieno di forza nelle giornate di vento, ho sempre avuto la fortuna di abitare accanto al mare e vicino a spazi aperti.
Poi a un certo punto hai deciso di metterti in viaggio per cercalo?
Sì, ho compiuto un piccolo viaggio in Italia assieme a mio fratello Luca che ha raccolto testimonianze video, facendone poi un documentario: “Second Wind”. Abbiamo ascoltato la Bora sulle banchine di Trieste, il Maestrale sulle dune della Sardegna, i venti ribelli dei crinali dell’Appennino. Ma abbiamo voluto immergerci anche nei nuovi paesaggi eolici, quelli delle tanto discusse pale eoliche, incontrando chi fa ricerca e lavora nel settore.
Hai scoperto qualcosa di nuovo o cosa ti è piaciuto di questa ricerca sul vento?
Gli incontri con le persone e i paesaggi che sono modificati dal vento e sono la traccia visibile del suo passaggio. Il vento poi è l’elemento imprevedibile per eccellenza e quindi, a volte, ci ha sorpreso anche con la sua assenza, proprio dove eravamo sicuri di trovarlo.
Hai raccolto anche la voce del vento o ti sei limitato ad ascoltarlo, per poi trasporlo musicalmente?
Nel disco sono presenti molti suoni del vento, alcuni immediatamente riconoscibili ed identificabili, altri più nascosti e insoliti. In Sardegna ho registrato il suono del vento che forma le dune, con dei microfoni immersi nella sabbia. Oppure  quello che fa risuonare tutto ciò che incontra: rami, tubature, fili, sartie e tanti altri “strumenti”. Il vento è il musicista dei musicisti.
Tu suoni il flauto e tanti altri strumenti a fiato o aerofoni, utilizzando un linguaggio più tecnico e al contempo evocativo; hai quindi un rapporto musicale con l'aria in movimento.
In ogni luogo esistono da sempre leggende che narrano di come la nascita degli strumenti a fiato sia stata casuale, frutto dell’interazione del vento con un ramo cavo o con una canna. Un legame che rimarrà per sempre.
...

L'articolo completo è pubblicato oggi 3 novembre 2017, sul Corriere Romagna