Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 7 aprile 2016

Velabondismo


Laguna di Grado e Marano

Se, come scrive Robert Maynard Pirsig, la montagna fisica è l'allegoria di “quella spirituale che si erge tra ogni anima e la sua meta”, allo stesso modo lo è il mare fisico, anche quello quotidiano. A patto che si sia disposti a vivere, almeno per qualche ora o magari per qualche giorno, in naturale armonia con esso. Un'armonia che non ha bisogno necessariamente dei grandi orizzonti oceanici, che si può sperimentare anche nell'esperienza minimalista del velabondaggio, fatta di piccole e grandi avversità. Avversità che invita ad affrontare il maestro de “Lo Zen e dell'arte della manutenzione della motocicletta”, per non fare come la maggior parte degli uomini che “sta a guardare le montagne spirituali per tutta la vita e non ci si avventura mai, accontentandosi di ascoltare quelli che ci sono stati”. Ma, con riferimento a una vela senza motore, di cosa stiamo parlando? Di attenzione ai venti innanzitutto, con cui dobbiamo trovare un equilibrio di rotte e tempi; di fatica ai remi, con cui occasionalmente supplire alle inevitabili bizzarrie di Eolo. Se poi si aggiungono le dolorose meraviglie delle notti sotto le stelle al fianco della barca e altri piccoli inaspettati grattacapi, ecco riassunte le avversità che chiede di affrontare un mare spirituale. Un mare di cui la laguna è il naturale prodromo, fin dalla notte dei tempi. In passato nelle lagune gli antichi si prepararono al mare; oggi nelle lagune i velabondi ritrovano spazi di inimmaginabile libertà.

Così è nella più settentrionale della lagune adriatiche, quella di Grado e Marano. Innanzitutto cerchiamo di dirimere una questione geografica. Si stratta di una o di due lagune limitrofe? Sui libri e sul web vengono tenute separate da bocca e canale di Porto Buso, che stanno circa nel mezzo di un unico spazio acqueo. Nella esperienza del marinaio è però difficile disgiungerle. Davanti alla nostra prua infatti c'è un unico labirinto terracqueo, separato dal mare da un lungo cordone sabbioso di una trentina di chilometri che va da Lignano a Grado, rispettivamente a ovest e a est, interrotto da quattro bocche maggiori segnalate da briccole. L'abitato di Marano è invece a nord di Lignano, sul margine lagunare interno. I geografi estendono l'ambiente lagunare anche alle aree limitrofe, che stanno tra la foce del Tagliamento a ovest e quella dell'Isonzo a est. Aree però inesplorabili, almeno a vela.
In questa veleggiata eravamo in due su una sola deriva a spigolo di quattro metri, varata nello squero comunale di Grado, da poco rinnovato, ampio e molto funzionale. Giorni di solstizio d'estate, quando la luce la fa da padrona.
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Il reportage completo è pubblicato su Bolina di aprile 2016.