Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 29 marzo 2016

Alieutica

La pesca del pesce spada, una storia millenaria

Per chi oggi naviga nelle agitate acque dello Stretto di Messina, se Scilla e Cariddi sono solo un’evocazione mitica, non mancano comunque forti emozioni, di venti e correnti, di navi e barche. Tra queste c’è l’incontro con le passarelle o più romanticamente feluche, che sono le più inimmaginabili delle barche da pesca del Mediterraneo. Se un tempo erano piccole e mosse dai remi, oggi sono grandi e motorizzate. Grande non solo lo scafo, che misura una quindicina di metri, ma soprattutto alte, altissime, sproporzionate sono l’albero d’avvistamento e il bompresso che è la passarella di lancio. Lancio di cosa? Dell’arpione per pesce spada e tonno o della fiocina per pesci più piccoli. Come? A mano da parte del lanzatore, u’ lanzaturi. All’arpione o alla fiocina è collegata una lunga cima di 300-500 metri che, una volta arpionata la preda, viene srotolata, per essere poi recuperata.
La storia della pesca del pesce spada con l’arpione è antichissima e sfruttava vedette poste su punti panoramici che informavano poi le barche da pesca che si lanciavano all’inseguimento. Secondo alcuni i bizantini usavano la galea, sostituita poi nel XIV secolo con il luntro, lungo 6-8 metri, mosso da 4-8 rematori, con un avvistatore che stava in piedi su un albero di circa 3 metri e un lanzatore a prua. Nel Cinquecento vennero introdotte le feluche, imbarcazioni ormeggiate, dotate di un alto albero per l’avvistamento. Infine nel Novecento furono le stesse feluche ad essere motorizzate e divennero le attuali passerelle.
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L'articolo completo è pubblicato sul mensile BOLINA di marzo 2016

PS
L'immagine che accompagna questo post è un fotogramma del prezioso e bellissimo documentario di Vittorio De Seta, “Lu tempu di li pisci spata”, girato negli anni Cinquanta del Novecento.