Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 2 aprile 2015

Velabondismo

Laguna di Venezia settentrionale

Il velabondismo o campeggio nautico o dinghy cruising che dir si voglia, è una pratica assolutamente minoritaria nel diporto mediterraneo. Va però ricordato che la sua storia è antica, soprattutto in Inghilterra, dove è ancora oggi molto diffuso malgrado acque e venti gelidi. Un capostipite illustre dei diari di viaggio nautici, che gli inglesi chiamano sailing memories, è “Un migliaio di miglia con la canoa Rob Roy” di John MacGregor, pubblicato nel 1866, molto prima quindi del ben più noto “Solo, intorno al mondo” di Joshua Slocum, che è del 1900. Il libro di MacGregor ebbe un grande successo e rivelò a un ampio pubblico il fascino di “un nuovo modo di viaggiare”, riprendendo l'incipit dell'autore, per mari, fiumi e laghi europei su una canoa di 14 piedi, con anche vela al quarto e fiocco, armati su un albero di poco più di 3 piedi.

Noi epigoni di MacGregor, continuiamo a velabondare con piccole derive, questa volta in acque bassissime, quelle della Laguna di Venezia. Un viaggetto di tre giorni con due Laser e un X14 (per gli aspetti tecnici sull'armamento si rimanda a BOLINA di ottobre 2014, pp 69-73), per altrettanti marinai, nella parte settentrionale della Laguna, prendendo come spartiacque il Ponte della Libertà che collega la terraferma alla città. Una navigazione insieme impegnativa e sicura, perché si è costretti a bordeggiare in canali stretti e in bassi fondali,  spesso con correnti forti, ma allo stesso tempo le distanze sono minime e la terra è sempre vicina, anche se non è quasi mai facile scendere e alare.
Abbiamo varato a San Giuliano di Mestre, grazie alla gratuita ospitalità dei circoli del Polo Nautico, instancabili promotori di iniziative sportive e culturali volte anche alla riscoperta del meraviglioso arcipelago veneziano. Sì arcipelago, perché nei 550 chilometri quadrati lagunari sono disperse una ventina di isole vere e proprie, a cui si aggiungono una quarantina di microisole, chiamate lazzaretti, ottagoni, cason, batterie, motte. Alcune isole sono unite insieme da ponti, come quelle che compongono Venezia, Murano o Burano e Mazzorbo, e molto frequentate, altre sono isolatissime e semisconosciute, come la settentrionale Santa Cristina o la centrale Poveglia. Ci sono poi isole cimitero, San Michele, isole orticole, Sant'Erasmo, isole pescherecce, Pellestrina, isole balneari, Lido; insomma un arcipelago non solo geografico ma anche di tipicità, storiche ed economiche. Un arcipelago ideale per barche a basso pescaggio, per equipaggi ad alto randagismo.

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Continua sulle pagine di carta o elettroniche di Bolina di Aprile 2015. Vi ricordo inoltre che in un precedente articolo pubblicato su Bolina di Ottobre 2014, troverete anche una scheda di confronto tra due derive simili, Laser e X14, e una seconda scheda dedicata a cosa serve per affrontare questo genere di viaggi.

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