Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

martedì 19 febbraio 2013

Insulomania


VENTOTENE
L'isola non è solo uno spazio geografico reale, ma anche immagine figurata altrettanto suggestiva. E se le prime sono state tutte scoperte e mappate, le seconde continuano a emergere e scomparire, con una velocità superiore alle capacità di qualsiasi cartografo, compreso il mediamorfico nuovo titano: Googlemappeteo. Isole etnografiche, politiche, linguistiche, sono paradossalmente il risultato, anzi la reazione alla globalizzazione, economica innanzitutto, seguita poi da quella sociale e culturale. Così acquistano nuovi significati anche il verbo e l'aggettivo derivati da isola, perché sempre di più si moltiplicano le declinazioni di isolare e i significati di isolato.
Ci fu un tempo, relativamente vicino a noi, in cui isola era sinonimo di confino, spesso di tipo politico. In epoca fascista sono stati oltre duecento i luoghi di soggiorno obbligato e di questi le isole erano quelli più temuti. Tra queste Ventotene, “ambiente d'eccezione”, nell'accezione più ampia, riprendendo le parole di  tre confinati illustri: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni .
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Ma la storia di quest'isola è storia di confino da tempi remoti, un isolamento addirittura imperiale, cercato nel caso di Augusto e subito in quello della figlia Giulia. 
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Per noi che non navighiamo su negre navi e le isole non sono confini forzati, Ventotene è un sogno ricorrente. Legati all'albero dei doveri quotidiani, proviamo almeno a stemperare la nostra insulomania sfogliando portolani e srotolando carte, guardando fotografie e leggendo racconti, antichi o recenti, comunque affascinanti, come “L'isola riflessa” di Fabrizia Remondino, in cui Ventotene è la vera protagonista. 


L'articolo completo è pubblicato sul numero di febbraio 2013 di BOLINA

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