Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 10 marzo 2012

Insulomania






LAMPEDUSA
L’isola di Lampedusa è molto più vicina alla Tunisia che non alla Sicilia. Già da questa generica constatazione geografica si può capire la sua storia geologica, ecologica e umana. Ma innanzitutto si chiariscono i fatti di cronaca dell'ultimo decennio, si capisce perché Lampedusa è inevitabilmente una delle principali porte d'Europa per chi viene dall'Africa. Acquista così ancor più fascino la Porta di Mimmo Paladino che dal 2008 si erge sul promontorio del Cavallo Bianco, che chiude a sud la baia del porto. Un segno artistico importante, insieme omaggio a naufraghi e migranti e monito per gli europei. Un varco aperto alla pietas. Quella cristiana o laica, che ha nell'Enea un'incancellabile riferimento. “Uomo insigne per pietà”, scrive Virgilio, che lasciò la sua patria d'oriente sconvolta dalla guerra per raggiungere, dopo un periglioso e lungo viaggio mediterraneo, “esule l'Italia”, da cui venne la stirpe latina.
Ritornando alle geografie, l'isola si eleva di poche decine di metri dalle acque della piattaforma continentale africana, insieme a Lampione, che con Linosa formano l'arcipelago delle Pelagie. Un'unità storica, climatica e in parte ecologica, ma non geologica. Perché Lampedusa e Lampione sono calcaree, mentre Linosa è vulcanica. Non a caso le prime hanno rocce di colori tenui, mentre sono scuri, ignei, nella terza.
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Le asprezze geografiche e meteorologiche, la lontananza dai continenti, hanno contribuito a lasciare per lunghi periodi l'isola deserta. Risale solo al 1843 la rifondazione, per voilere di Ferdinando II di Borbone. Ma un altro problema, non secondario, è stato per secoli quello saraceno e più in generale piratesco. Battaglie navali nelle acque limitrofe e scontri cavallereschi a terra, hanno segnato la storia dell'isola che porta ancora memoria nei suoi toponimi. Valle Dragut, cala Francese, cala Pisana e promontorio Cavallo Bianco, dove leggenda vuole che morì in battaglia il cavallo di Orlando Furioso.
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L'articolo completo è pubblicato sul numero di marzo 2012 di BOLINA

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