Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

sabato 5 febbraio 2011

Il nostro mare quotidiano








Domenica scorsa Gianfranco Ravasi sulle pagine di Domenica de Il Sole 24 ore ha ricordato che “Una società sbrigativa e superficiale che ingurgita cibi a caso in un fast food, che ignora lo spreco alimentare, ... ha perso non solo la dimensione simbolica del cibo ma anche la spiritualità che in quel segno è celata”.
Considerazione non solo condivisibile, ma declinabile alle idee di un mare inteso come bene comune. Sì, perché anche attraverso i suoi più autentici sapori possiamo riappropriarci del mare. Tutto ciò senza alcuna preclusione alle contaminazioni, che da sempre sono il principale ingrediente della miglior cucina, capace di diventare tradizione nel significato più interessante e concreto. Per intendersi, preferisco mille volte di più un cuscus cucinato da amici pescatori tunisini con piccoli, “poveri”, pesci adriatici, agli spiedini industriali “romagnoli” fatti con calamari dell'Atlantico e gamberetti del Pacifico.
Ma ritornando all'orizzonte culturale magistralmente riassunto da Gianfranco Ravasi, con riferimento al pane e al vino, vorrei altrettanto brevemente accennare ad alcuni antichissimi significati di un altro cibo mediterraneo per eccellenza, il pesce, riprendendo alcuni frammenti del mio Abbecedario Adriatico.
L'antichissima ascendenza di ittico dalla parola greca ichthŷs e la potente forza anagrammatica, che nella simbologia cristiana delle origini lega il vocabolo greco al nome di Iesus Christos Theu Yios Soter, Gesù Cristo figlio di Dio, eleva il lemma ittico a paradigma del lessico peschereccio. Perciò la descrizione dell'aggettivo ittico è molto di più di una semplice questione di zoologia o di economia, di una minuziosa elencazione faunistica o patrimoniale.
Il fascino del pesce sta anche nell'archetipica associazione ai prodotti alimentari mediterranei per eccellenza: pane, olio e vino. Una triade che il pesce integra e completa, apportando ai frutti della terra la carne stessa del mare. Così tanta letteratura e iconografia, antica e medievale, in cui sono rappresentate tavole sacre apparecchiate con una bianca tovaglia, su cui stanno oltre al pane e al vino, l'olio e il pesce, assumono almeno visivamente anche un significato antropologico. Immagini insieme semplici, potenti, evocative, che restituiscono il legame spirituale e alimentare delle popolazioni mediterranee con il mare. E ancora ricollegandoci all'immagine che rafforza l'articolo di Ravasi, ci sarà stato di certo anche tanto pesce sulle tavole imbandite di “Le nozze di Cana”, capolavoro assoluto di Paolo Veronese, che tante volte si sarà probabilmente recato anche al mercato ittico di Rialto a Venezia, un altro capolavoro che si rinnova ancora ogni giorno.

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