Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

giovedì 4 novembre 2010

Il nostro mare quotidiano

Le rive del mare: da spazi pubblici a labirinti del consumo, parafrasando Franco La Cecla.
Potrebbe essere questa in estrema sintesi la descrizione dell'ultimo orizzonte paesaggistico delle coste italiane?
L'antropologo siciliano, già apprezzato autore tra gli altri di “Perdersi. L'uomo senza ambiente” (Laterza, 1998 ) e “Contro l'architettura” (Bollati Boringhieri, 2008), ci propone sul Venerdì di Repubblica del 29 ottobre 2010, una breve disamina delle opposte idee occidentali di spazio pubblico. C'è chi vorrebbe controllare, commercialmente e poliziescamente, ogni luogo e chi invece ritiene che la libertà sia un concetto da applicare, nelle sue imprevedibili e anarchiche soluzioni, almeno agli spazi pubblici. E' superfluo aggiungere che i primi cercano in ogni modo di sostituire i consumatori ai cittadini, mentre i secondi si trovano ormai sul barricate di resistenza civile. Questa disamina, che prende spunto dalla nuova stazione di Milano per allargare lo sguardo su spazi pubblici (o commerciali?) di altre metropoli, è purtroppo sempre più calzante anche per le rive del mare, che siano spiagge libere occupate da stabilimenti balneari, selvagge falesie lottizzate in residence o, altrettanto pericolosamente, accessibili banchine portuali recintate per essere trasformate in esclusivi marina. Basta fare, o spesso cercare di fare!, una passeggiata nei porti liguri per rendersi conto di quanto la logica della maxi-nautica da diporto stia schiacciando ogni altra forma di passione marinaresca, o provare ad avvicinarsi a tante spiagge laziali, senza alcuna intenzione di pagare il biglietto d'ingresso o comunque pedaggio in altra forma.
Se come ci ricorda sempre Franco La Cecla “La piazza è un invenzione italiana”, le rive del mare sono una naturale, costitutiva qualità del paesaggio peninsulare. Non dimentichiamo poi che negli ultimi cinquant'anni la maggior parte delle coste sono state trasformate in rive urbane, declinazione marina delle “campagne urbane” comuni ormai a tanta parte d'Europa. Di queste rive urbane, il mare rimane l'unico orizzonte di libertà, per questo ogni affaccio, che si tratti di spiagge o coste scoscese, strade o larghi, va difeso dall'assalto privatistico, va inteso come bene comune, o pubblico demanio, per usare una definizione ottocentesca che andrebbe aggiornata.
Non mi stancherò di dire e di scrivere che le singole rivendicazioni di gratuità del mare, come tante piccole onde che sovrapponendosi prendono forza, possono trasformarsi in una insopprimibile necessità collettiva di riappropriarsi del Mediterraneo.

2 commenti:

  1. Bello, utopistico ma bello, anche le parole come le onde e gli spazi aperti evocano la libertà, in questo caso di pensiero.

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  2. Indispensabili utopie!
    E non a caso nel primo post, come nella prima pagina della boza del libro, ho scritto: "Certi che le singole rivendicazioni di gratuità, come tante piccole onde che sovrapponendosi prendono forza, si trasformino in una insopprimibile necessità collettiva di riappropriarsi del Mediterraneo"
    Proviamoci!

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