Racconti di isole, venti, vele, nuoto e remi, oltre a qualche idea sul nostro mare quotidiano - Fabio Fiori

mercoledì 19 maggio 2010

Biblioteca di mare e di costa



“Tutte le tempestose passioni dell'umanità, ... sono trascorse come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare traccia sul misterioso volto del mare.” Joseph Conrad


In Adriatico, più tardi che negli altri mari d'Italia, solo nella seconda metà del Novecento vennero definitivamente ammainate le vele sulle barche da lavoro. Piccole e grandi, armate al terzo o con vela latina, a oriente come a occidente, per secoli il lavoro sul mare è stato svolto nella grazia dei venti, anche quando per scelta o per necessità ci si muoveva a remi. Solo limitandosi all'Ottocento, lunghissimo è comunque l'elenco dei tipi navali impiegati, per la pesca costiera e quella d'altura, per la navigazione commerciale di cabotaggio e per quella di più ampio raggio, mediterraneo o oceanico che fosse. Sì, anche oceanica, visto che brigantini, brik, barcobestia costruiti e in armamento a Trieste, Fiume, Lussino, Orebic, Ragusa e Cattaro, solcarono tutti i mari del mondo, doppiarono i grandi capi, parteciparono insomma all'ultima maestosa età della vela, conclusasi agli inizi del Novecento. Sempre in Adriatico, ormai antica è pure la tradizione del diporto a fini sportivi, ludici o, illustrissimi e innumerevoli, turistici.
Proprio da quest'ultima necessità parte la narrazione, per parole e immagini, fatta da Luigi Divari nel libro “Barche del Golfo di Venezia”, da poco pubblicato per i tipi de Il Leggio (pp. 264 - € 35). Un libro ricco di storie e acquerelli, di colori tenui, sfumature, aloni che raccontano e soprattutto rievocano le atmosfere dei fabbricanti di remi, alberi forcole e altri armisi, il taglio e la cucitura delle vele, le sontuose scenografie delle feste veneziane e le avventure di s'cioponi e s'cioponanti, ossia dei sandolini e dei cacciatori di valle, che si muovevano silenziosamente a remi tra scanni, secche e canneti. Un viaggio documentario che partendo dalle coste occidentali si spinge verso quelle altrettanto affascinanti d'oriente. Le immagini votive, l'araldica delle vele, le fantasie dei pennelli segnavento, l'aura scultorea di forcole e remi, se a una prima visione restituiscono il fascino di un mondo perduto, a uno sguardo più attento suggeriscono anche le infinite potenzialità creative culturali ed economiche che l'Adriatico offre, alle genti che ne popolano le rive, a quelle che instancabilmente lo attraversano.

Nessun commento:

Posta un commento